La morte è onnipresente e fin dall’inizio rivela la sua minacciosa presenza a un gruppo di colleghi diretti ad un raduno aziendale. Durante il viaggio in autobus, uno dei partecipanti ha una premonizione: lui e quasi tutti i suoi amici, oltre ad altre persone, perderanno la vita in un terribile crollo di un ponte. Subito dopo, gli eventi iniziano a rispecchiare la premonizione. Sam, colui che ha avuto la visione (Nicholas D’Agosto) farà il possibile per allontanare i suoi colleghi dal luogo del disastro prima che la morte li reclami. Gli ignari superstiti però, non erano destinati a restare in vita e quindi, in una terribile lotta contro il tempo, lo sventurato gruppo prova ad escogitare un modo per sfuggire al sinistro piano della Morte.
Il capitolo migliore della saga, grazie alla regia di Steven Quale e sicuramente aiutata dalla tecnologia 3D che ha dato un po’ più di spessore alle scene cruente. Final Destination 5 prosegue nei percorsi alla ricerca di stratagemmi che ingannino la mano implacabile della Morte. La storia è sempre quella, come le dinamiche, si cade a tratti nella noia. Ma ha un qualcosa di comico che ogni tanto fa capolino è l’effetto tridimensionale è apprezzabile per la realisticità di alcune scene (come il crollo del ponte) e l’ottima lavorazione tecnica.
Anche la recitazione, seppure non faccia eccellere i protagonisti, non li rende personaggi stereotipati come nel precedente capitolo.
Ci si chiede perché per alcune sequenze si sia sentita l’esigenza di far vivere ai protagonisti vicende che appariranno superflue, ma nel complesso la pellicola lascia il piacere di proseguire nella visione di questo ormai conclamato appuntamento.